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Martedì, 01 Aprile 2014 13:58

Concertazione a fine corsa?

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L’approccio pragmatico ed energico di Renzi pone un interrogativo cui non vogliamo sottrarci: in questi trent’anni la concertazione cosa ha prodotto? Ha assecondato lo sviluppo o ha posto freni al cambiamento?

 

Arriva l’ennesimo nuovo Governo e, dopo trent’anni, pare che la concertazione tra le parti sociali e l’Esecutivo sia giunta a fine corsa.
Ha fretta di imprimere un’accelerazione al passo del Paese, il Premier, imponendo un nuovo modo di agire e di comunicare che sovverte le regole del confronto cui eravamo fino ad oggi abituati.

 


L’approccio pragmatico ed energico di Renzi pone, però, un interrogativo cui non vogliamo sottrarci: in questi trent’anni la concertazione cosa ha prodotto? Ha assecondato lo sviluppo o ha posto freni al cambiamento?


Se i veti sono stati troppi, abbiamo sbagliato tutti ed è quindi doveroso correggere il tiro sul tema concertazione.


Di certo, però, il confronto del 1993 tra le parti sociali e il Governo pose le basi per una stagione di maggiore stabilità economico-sociale. La concertazione ha senso, infatti, se è progettuale negli intenti, se c'è una condivisione degli obiettivi.


Se prioritaria per tutti oggi è la ripresa della nostra economia, perché allora abbandonare il dialogo con chi, da anni, chiede alla politica che il Paese torni a crescere? Di proposte Confindustria – uno dei lati del triangolo della concertazione – ne ha sempre avanzate, senza mai fare quadrato su posizioni ideologiche.


Pensiamo ad esempio al progetto “Confindustria per l’Italia: crescere si può, si deve”, che contiene proposte concrete e obiettivi chiari e quantificati per la modernizzazione del Paese attraverso le riforme di istituzioni, P.A., Fisco, Lavoro, Politiche industriali e Cultura. Certo, è sempre il Governo poi a dover decidere (azione che è spesso mancata negli ultimi anni) ma perché scegliere senza incontrare nessuna delle parti sociali? È quanto meno opinabile, infatti, la posizione del Presidente del Consiglio quando afferma di voler parlare direttamente con le imprese come se Confindustria non fosse il corpo intermedio che le rappresenta, di qualsiasi settore esse siano.


Non siamo un partito, né intendiamo diventarlo. Non siamo neanche dei burocrati convinti che la scrivania maturi la pratica.


Siamo imprenditori, viviamo del nostro lavoro e, in quanto rappresentanti del Sistema confindustriale, evidenziamo le istanze che provengono dalla nostra base fatta di altri imprenditori. Concertazione per noi non significa “volemose bene", senza che nulla cambi. Anzi, nel rispetto delle posizioni di ciascuno, per noi il confronto può anche essere duro, ma con l'obiettivo di arrivare al risultato migliore.


Bisognerebbe sforzarsi però di tenere la discussione sulle questioni reali, quelle che tutti i giorni si affrontano nelle aziende, riuscendo così ad evitare pericolose derive verso modelli di concertazione passati che noi stessi rifiutiamo.

 

Ha ragione il Presidente Squinzi quando battezza questo atteggiamento "veloce" del Premier come una scelta mediatica, praticata per rimarcare che la musica è cambiata, che – come Renzi stesso ha dichiarato – il nuovo scenario è “no tavoli, only email”. Al di là del giudizio sulla strategia di comunicazione scelta da parte del Premier, noi comunque abbiamo la responsabilità di non far mancare la nostra apertura di credito al Governo.


Giudicheremo i risultati, augurandoci che il cronoprogramma annunciato su legge elettorale, riforma costituzionale, lavoro e fisco, possa essere rispettato.
Stiamo a vedere cosa succede quindi e incassiamo che - alle obiezioni nostre e dei sindacati - il Premier risponda: "Ce ne faremo una ragione". Sia chiaro però che la ragione non potremmo di certo farcela noi se anche questo Governo dovesse fallire.
In campo ci sono i nostri sacrifici, quelli dei nostri lavoratori, del nostro Paese.

Mauro Maccauro

Presidente Confindustria Salerno - Associazione degli Industriali della Provincia di Salerno