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Venerdì, 08 Agosto 2014 12:23

Fisco, le tasse per cittadini e imprese non vanno in vacanza

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mauro maccauro2009Se un sistema di tributi più chiaro, trasparente e semplificato può essere la leva giusta per ridare fiato a un’economia in tremendo affanno, che si riformi allora e in modo profondo partendo anche da misure semplici come rimborsi Iva più veloci per le aziende virtuose

 

«Ho perso un pomeriggio per capire come pagare con l'Imu di casa mia». Questa battuta, non certo di spirito, non è di un semplice cittadino alle prese con la tassa da corrispondere sulla propria abitazione ma della neodirettrice dell'Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi, pochi giorni fa alla sua prima uscita pubblica. Se un’esperta di fisco dichiara di avere incontrato più di una difficoltà nell’adempiere a uno dei doveri da contribuente, figuriamoci allora se non sono quanto meno giustificabili dubbi e perplessità di noi comuni mortali al cospetto di una giungla di norme in ambito tributario di complessa comprensione, dovuta a un surplus di norme che nel nostro Paese raggiunge vette elevatissime.


In Italia infatti il livello di prelievo fiscale è a dir poco oneroso - il 68,5% secondo la Banca mondiale (“total tax rate”, Rapporto Paying Taxes 2013) – e appare ancor più eccessivo e incongruente se paragonato al livello dei servizi resi dallo Stato.
Ci si aspettava che le cose cambiassero all’indomani dell’approvazione – avvenuta nel marzo scorso dopo due anni di attesa– del DDL delega fiscale di cui ora si avviano i primi decreti attuativi.


L’inversione di tendenza però tarda ad arrivare e la delusione specie delle imprese che la attendevano con grande interesse per recuperare in investimenti e internazionalizzazione cresce, considerato che – come sottolineato anche da Andrea Bolla, presidente del Comitato tecnico per il fisco di Confindustria, nella recente audizione in commissione Finanze e Tesoro del Senato sul primo decreto di attuazione della delega fiscale - «per essere compliant con il sistema fiscale l'impresa media italiana deve impiegare 269 ore di lavoro. Risultato: siamo al 138° posto su 189 economie», quando sette anni fa, nello stesso rapporto, il nostro Paese si classificava al 117° posto su 175 economie.


In questa top ten al contrario, poi, l’imprenditoria meridionale paga un prezzo ancora più alto come denuncia la Svimez in uno dei suoi ultimi studi sulle entrate tributarie dei Comuni italiani dal 2007 al 2012: nel 2012, a fronte di un reddito di 29.477 euro pro capite, in media ogni cittadino del Veneto ha versato al proprio comune di residenza 532 euro, contro gli oltre 550 di un campano che però ha un reddito di oltre 13mila euro più basso.


Tra le tasse più famigerate, ricordavamo in apertura l’Imu: bene – anzi male – anche su questo fronte, se dal 2007 al 2012 l’ICI/IMU al Nord è precipitata del 39% mentre al Mezzogiorno è scesa appena dell’1,1%. E al crescere del PIL, per ogni 1.000 euro pro capite in più, il prelievo nei Comuni del Nord si riduce di 28 euro e 30 centesimi, mentre al Sud aumenta di 15 euro e 50 centesimi.


Questa disarmonia tributaria, pare evidente, non fa altro che acuire una già compromessa situazione economica del nostro Mezzogiorno, un’area in cui nei primi mesi del 2014 hanno chiuso i battenti – secondo le rilevazioni della Svimez - 573 imprese al giorno, con i fallimenti in crescita del 5,7% rispetto allo stesso periodo del 2013.


Se un fisco più chiaro, trasparente e semplificato può essere la leva giusta per ridare fiato a un’economia in tremendo affanno, che si riformi allora, e in modo profondo, partendo anche da misure semplici come rimborsi Iva più veloci per le imprese virtuose.


Il gioco poco edificante di rinvii, proroghe, slittamenti e condoni, non diverte nessuno e, oltre a distruggere completamente quel poco di fedeltà fiscale che ci rimane, non risolve l’ingorgo di tributi in cui tutto il Paese si è perso.

Mauro Maccauro

Presidente Confindustria Salerno - Associazione degli Industriali della Provincia di Salerno

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